Avrebbero raggirato il mediatore, bypassandolo al momento della stipula di una compravendita
per la quale non hanno pagato la provvigione, e avrebbero pure dichiarato nell’atto notarile di non essersi avvalsi del suo intervento.
Per questo sono stati condannati per truffa. Per XX e YY, i due compratori, difesi dall’avvocato ZZ, la pena è di 4 mesi e 15 giorni, con riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno; 6 mesi e 15 giorniinvece a KK , il venditore, difeso dall’avvocato WW, condannato a pagare 2.071 euro per danno patrimoniale e 3mila euro di spese legali. Per tutti e tre pena sospesa e motivazione tra 90 giorni.
“Non siamo interessati a questa casa”, avrebbero detto i due clienti di un’agenzia immobiliare di Pontecchio Polesine, che poi però quell’appartamento lo comprarono nel 2007 con tanto di rogito dal notaio. Valore dell’immobile 115 mila euro, che con una provvigione del 3% per parte (venditore e compratore), sarebbe valso ai due agenti della società Immobiliare “La Casa” almeno 7 mila euro di provvigione.
I tre attori della compravendita, appunto i due compratori ed il venditore, sono quindi stati chiamati a rispondere per truffa.
Il raggiro starebbe nel fatto che avevano dichiarato di non essere interessati all’acquisto dell’immobile, cosa che poi nei fatti hanno smentito, e che anche davanti al notaio dichiararono di non essersi avvalsi dell’intermediazione immobiliare.
L’agente ha ricordato che nella dimora del suo presunto cliente era stata fatta una visita con i due compratori.
L’argomento è tutt’altro che pacifico.
Il Tribunale Ordinario di Monza, in una pronuncia, (Sezione IV Civile, 3/09/2007) ha stabilito che “Ai sensi dell’art. 1755 c.c. il diritto alla provvigione sorge in capo al mediatore solo a seguito della conclusione dell’affare e qualora questo si sia concluso per effetto dell’intervento del mediatore stesso; in particolare, la conclusione dell’affare deve coincidere con il compimento di un’operazione di contenuto economico che si concreti in un’utilità di carattere patrimoniale e, cioè, in un atto in virtù del quale si costituisca un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in mancanza, per il risarcimento del danno; ne consegue che, è sufficiente a tali fini la conclusione di un preliminare, ovvero di un patto d’opzione, in quanto in entrambi i casi si realizza l’incontro della volontà delle parti idoneo alla costituzione del vincolo contrattuale”.
Dello stesso tenore una pronuncia del Tribunale Ordinario di Genova (Sezione III Civile, 24/04/2007): “Per affare compiuto deve intendersi un atto da cui è scaturito un vincolo giuridico tra le parti messe in relazione per effetto dell’attività intermediatrice, che consenta loro di agire per l’esecuzione di esso, ritenendo sufficiente la conclusione di un contratto preliminare a fondare il diritto del mediatore alla provvigione”.
Tale risultanza, oltretutto, emerge chiaramente anche dalla completa lettura del citato art. 2950 del codice civile, il quale rinvia all’art. 1755 c.c. che, a sua volta, effettua un ulteriore rinvio all’art. 1351 c.c. e quest’ultimo articolo statuisce proprio il contratto preliminare.
Leggi anche la Sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Monza del 31 marzo 2011
E’ noto, infatti, come l’opzione, a differenza della proposta irrevocabile, abbia natura di negozio giuridico bilaterale.
Mentre, invero, nella proposta irrevocabile vi è una parte che avanza una proposta contrattuale ed unilateralmente si impegna a mantenerla ferma per un certo tempo, nell’opzione, invece, vi sono due parti che convengono che una di essa resti vincolata dalla propria dichiarazione mentre l’altra resta libera di accettarla o meno.
In entrambi i casi, perciò, vi è una proposta contrattuale irrevocabile, ma mentre nella prima ipotesi (art. 1329 c.c.) l’irrevocabilità dipende esclusivamente dalla volontà unilaterale del proponente, nella seconda (art. 1331 c.c.) l’irrevocabilità dipende da una convenzione tra le parti, le cui volontà si sono già espresse” .
Ed ancora, con riferimento alla mediazione immobiliare, occorre considerare che affinché sorga il diritto alla provvigione è necessario che la conclusione dell’affare sia in rapporto con l’opera svolta dal mediatore.
Detto principio è stato confermato dalla Suprema Corte di Cassazione che, sul punto, ha avuto modo di precisare: “… per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all’accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera da lui svolta per l’avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell’altro contraente ovvero all’indicazione specifica dell’affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti …” (Cass. Civ. Sez. III n. 28231/2005).