La possibilità dell’applicazione della cosiddetta cedolare secca agli affitti per l’immobiliare è un tema piuttosto caldo in questi primi mesi del 2020. Tale possibilità era stata infatti introdotta dall’art. 1, comma 59 della Legge di Bilancio 2019, per poi non essere rinnovata con la normativa fiscale vigente dal 1 Gennaio 2020.
Ad oggi, vista la grave crisi che sta colpendo esercizi commerciali e piccoli proprietari a seguito del lockdown, pare che la questione della cedolare secca per gli affitti commerciali stia tornando in auge - tra i possibili provvedimenti in sostegno delle aziende italiane.
Ma vediamo innanzitutto di cosa si tratta, per poi valutare i possibili scenari per il 2020, inevitabilmente influenzati dall’emergenza - sanitaria ed economica - del coronavirus.
Che cos’è l’opzione cedolare secca e a chi si rivolge
La cosiddetta “cedolare secca” è un regime facoltativo che consente ai proprietari di immobili di pagare un’unica imposta sostitutiva di Irpef, addizionali relative al reddito dell’immobile e imposte di registro e di bollo, che diversamente sono dovute per registrazioni, modifiche e risoluzioni dei contratti di affitto.
È importante sapere che quando si opta per tale regime si rinuncia all’eventuale aggiornamento del canone di locazione in base all’indice dei prezzi ISTAT. Tale possibilità, anche qualora espressa nel contratto di locazione, diventa nulla per tutta la durata dell’opzione con cedolare secca.
Il proprietario dell’immobile affittato ad uso abitativo dunque può scegliere di applicare la cedolare secca al 21%, o al 10% nel caso in cui sussistano i seguenti requisiti:
- il contratto di locazione sia a canone concordato;
- l’abitazione si trovi in Comuni con carenza di disponibilità abitativa (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché degli altri comuni capoluogo di provincia);
- l’immobile si trovi in Comuni ad alta tensione abitativa o in Calamità naturale, come stabiliti dall’elenco CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica).
Nel caso dei locali commerciali, l’unica cedolare secca applicabile è quella del 21%. Vediamo dunque quali erano, e forse torneranno ad essere, le caratteristiche del regime di cedolare secca per quanto riguarda l’affitto dei locali commerciali.
L’opzione, che è stata valida per i contratti sottoscritti dal 1 Gennaio al 31 Dicembre 2019, è applicabile esclusivamente a locali commerciali classificati nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe) che abbiano una superficie fino a 600 metri quadri.
Le pertinenze, come eventuali magazzini o locali tecnici, anche se normati dal medesimo contratto di affitto, non concorrono alla definizione della superficie totale: un negozio con una superficie di 500 metri quadrati, locato unitamente al suo magazzino di 300 metri quadrati, può rientrare nella cedolare secca.
Possono optare per la cedolare secca i proprietari di immobili che siano persone fisiche soggetto passivo IRPEF e titolari del diritto reale di godimento dell’immobile. Non possono invece accedere a tale regime facoltativo:
- le società di persone, anche se titolari di immobili;
- i soggetti IRES;
- gli enti non commerciali;
- i lavoratori autonomi.
Secondo Confedilizia - che tramite il presidente Spaziani Testa non ha mancato di esprimersi sulla proposta di rinnovare l’opzione per il 2020 - l’estensione della cedolare secca agli affitti commerciali è una misura necessaria, vista la crisi che da anni investe il comparto.
In effetti, un proprietario d’immobile soggetto ad IRPEF, addizionale regionale e comunale, imposta di bollo e di registro può arrivare ad essere soggetto ad una tassazione che supera il 48% del canone, cui vanno aggiunte ovviamente le spese di manutenzione e le tasse patrimoniali sulla proprietà.
Furono le stesse associazioni dei commercianti, ricorda Confedilizia, a richiedere l’applicazione della cedolare secca ai proprietari degli immobili da loro locati, nella convinzione che una tassazione esagerata degli affitti potesse ostacolare l’apertura di nuove attività.
Cedolare secca sugli immobili commerciali: cosa pensano gli esperti del settore
Tra la fine del 2019 e i primi giorni di Febbraio 2020 hanno avuto luogo diverse sedute di discussione in merito alla possibilità di estendere all’anno corrente l’esperimento della cedolare secca sugli affitti commerciali.
La Legge di Bilancio 2020 non prevede l’ipotesi di poter usufruire della misura per gli affitti commerciali la cui stipula è successiva al 31 Dicembre 2019. Le categorie di settore potevano riporre le proprie speranze nel Decreto cosiddetto Milleproroghe, pubblicato in Gazzetta lo scorso 29 Febbraio, ma neanche in questo documento si ammette la possibilità dell’estensione della misura al 2020.
Potremmo dunque considerare chiuso l’esperimento che permetteva ai proprietari di immobili commerciali di scegliere l’applicazione del regime facoltativo della cedolare secca.
Ma quali sarebbero gli effetti della cedolare secca sul comparto del commercio al dettaglio, e perché le associazioni di categoria caldeggiano con tale vigore l’ipotesi della cedolare secca?
Secondo i dati del Dipartimento delle Finanze, in Italia i fondi commerciali C/1 affittati sono circa 810 mila, su oltre un milione e mezzo di immobili accatastati nella medesima categoria. I negozi sfitti, in breve, sono quasi la metà di quelli esistenti.
Che ciò dipenda esclusivamente dalla norme che regolano la tassazione degli affitti è da escludersi, certo, ma non mancano studi che dimostrano gli effetti benefici della cedolare secca sul comparto del commercio al dettaglio, ormai da anni alle prese con la concorrenza dei colossi delle vendite on-line.
Secondo uno studio di Solo Affitti, la cedolare secca consentirebbe ai locatori di negozi di risparmiare ogni anno “fino a 2.800 euro a Milano, 2.100 euro a Napoli, 1.800 euro a Roma”, con evidenti ripercussioni sui prezzi e sulle condizioni degli affitti, a beneficio anche dei locatari.
Secondo lo stesso studio, l’applicazione della cedolare secca sugli affitti commerciali potrebbe velocizzare i tempi di locazione dei negozi, che vanno allungandosi di anno in anno. Ad oggi, prosegue lo studio di Solo Affitti, si impiegano circa 6 mesi per perfezionare l’affitto di un fondo commerciale, quasi il doppio rispetto a quanto avveniva nel 2010.
Secondo la FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) la mancata estensione della cedolare secca agli affitti commerciali si configura come un grave danno al comparto immobiliare ma anche al settore del commercio al dettaglio, che vede sparire centinaia di esercizi ogni anno.
Una proroga della cedolare secca, continua il presidente di FIMAA Taverna, avrebbe incoraggiato la locazione dei tanti negozi sfitti in tutto il Paese, andando ad incidere anche sulla sicurezza delle città e sulla rivitalizzazione dei centri storici sempre più abbandonati.
Coronavirus, Cura Italia e cedolare secca
Le ultime speranze delle associazioni di categoria e degli esperti del settore non possono che essere riposte nella complessa e ancora dubbia declinazione del cosiddetto Decreto Cura Italia.
Mentre si parla di Bonus Affitti, che andrebbero a coprire il 60% del canone in forma di credito d’imposta per i locatari di immobili in categoria C/1, rispunta l’ipotesi della cedolare secca.
Secondo i dati della CGIA (Confederazione Generale Italiana degli Artigiani), la perdita di fatturato delle imprese artigiane a seguito della chiusura degli esercizi commerciali ammonta a circa 7 miliardi di euro. L’artigianato rischia seriamente di estinguersi, denuncia l’associazione, e lo scenario più verosimile indica la chiusura di circa il 25% delle imprese artigiane italiane da qui alla fine dell’anno.
Il Bonus Affitti, che riguarda una piccola percentuale dei locatari di immobili C/1, non sarà di certo sufficiente a contrastare una crisi che - a causa della chiusura forzata delle attività a seguito del Dpcm 8 Marzo 2020 - può configurarsi come definitiva per le attività più piccole o per propria natura non interessate dai processi di digitalizzazione di commercio e servizi.
È tornata recentemente ad esprimersi sulla possibilità della cedolare secca per le locazioni di immobili commerciali Confedilizia, tramite il profilo Twitter ufficiale. L’associazione caldeggia con vigore l’attuazione di misure che diano stabilità e respiro alle attività commerciali italiane, quali la soppressione dell’IMU per il 2020, il “miglioramento del credito d’imposta” e l’applicazione della cedolare secca per tutte le locazioni in essere.
L’auspicio delle associazioni di categoria è che la cedolare secca non venga soltanto estesa anche al 2020, ma che tale estensione sia accompagnata da un ampliamento dei requisiti che ne definiscono l’accesso.
Non soltanto gli immobili al di sotto dei 600 metri quadri ed accatastati in categoria C/1, dunque, ma tutti i locali a destinazione commerciale dovrebbero poter essere soggetti al regime facoltativo della cedolare secca. Su questo, le associazioni di categoria e gli esperti del settore corcordano sin dalle prime fasi della sperimentazione, e questo è un dato di fatto che non dovrebbe passare inosservato.